Un miscuglio di generi
Un remake di un film basato su un’attrazione: questo suona come un indizio che l’originalità sarebbe stata un problema. E così è stato. Ma il film si è rivelato non solo secondario, ma anche troppo disomogeneo. È come se qualcuno avesse sperimentato i toni, le atmosfere, i canoni di genere, senza mai trovare un equilibrio.
“Haunted Mansion” è costruito sui principi dell’horror, quasi tutti i dialoghi sono comici, ma ogni 15-20 minuti c’è un monologo drammatico. Nei primi 40-50 minuti l’insieme sembra equilibrato, ma gradualmente il film crolla. A volte scene vicine non hanno nulla in comune: poco fa c’era una battuta sui fantasmi, ma un paio di secondi dopo qualcuno piange ricordando il passato. Dato che la commedia è sdolcinata e il dramma superficiale, non c’è alcuna cavalcata emotiva. Si tratta piuttosto di un cambiamento di umore nervoso in cui è impossibile immedesimarsi.
Sceneggiatura debole
La maggior parte delle scene di “The Mansion” sembrano tirate per le lunghe. O la suspense viene costruita inutilmente, o i personaggi aggiungono battute alle battute già dette, o gli sceneggiatori si limitano a ricordare quello che è successo prima. Quest’ultimo caso è particolarmente imbarazzante: la concentrazione su dettagli già mostrati occupa molto tempo sullo schermo.
Man mano che il film procede, ci sono sempre momenti difficili da capire e da spiegare. Ad esempio, Ben ha creato una telecamera che cattura i fantasmi, ma non crede nei fantasmi. La medium che è stata rinchiusa nel pallone non chiede nemmeno di essere liberata, anzi, aspetta un momento più spettacolare per farlo. E quando il prete Kent rivela il suo segreto, non è chiaro come si sia trovato in questa situazione.
Nel corso del film si verificano più volte eventi che mettono in discussione tutto ciò che è stato fatto in precedenza. La sceneggiatura non fa avanzare lo spettatore in un percorso, ma distrugge automaticamente ciò che c’era nella scena precedente.