“Good Omens” torna con una nuova stagione

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Sketch aggiuntivi
La lentezza della trama principale è compensata da sketch sul passato. Erano presenti anche nella prima stagione, ma sembra che il loro ruolo sia cambiato: prima spiegavano la struttura dell’ufficio celeste, ora si limitano a intrattenere. I paragoni con i “Monty Python” hanno sempre perseguitato “Good Omens”, e con la seconda stagione sono ancora più pertinenti.

I nuovi sketch sono ancora contemporaneamente assurdi e provocatori. Le interpretazioni proposte delle storie bibliche faranno sicuramente infuriare le persone particolarmente sensibili, anche se non è del tutto chiaro perché guardino questi spettacoli.

Gli sketch in sé non sono male, ma a volte occupano troppo tempo sullo schermo. Le conversazioni tra i personaggi “di questi tempi” sono molto più spiritose e interessanti. Crowley è felice di apprendere che Jane Austen scriveva romanzi (per lui è una contrabbandiera di brandy e una spia), Aziraphale scopre una nuova scappatoia nelle leggi divine: ogni scena di questo tipo è più piacevole di un altro flashback a qualche migliaio di anni fa.

Sheen e Tennant sono incredibili
Se si guarda “Good Omens” onestamente, si deve ammettere che il motivo principale per guardarlo è sempre stato quello dei personaggi principali e del loro rapporto. C’erano assurdità, dramma e un’incredibile chimica tra gli attori nei loro dialoghi. Potevi ignorare tutte le altre storie e divertirti. La seconda stagione riconosce questo aspetto e, per questo motivo, sembra che Aziraphale e Crowley siano sullo schermo ancora più spesso. I personaggi secondari passano in secondo piano (nella prima stagione avevano troppo tempo sullo schermo).

Sia Michael Sheen che David Tennant sono attori un po’ “disonesti”. Sembra che, se si propone una sceneggiatura completamente orrenda e si fanno recitare Sheen e Tennant, si ottiene comunque una serie guardabile. “Good Omens” sfrutta appieno il carisma degli attori, concentrandosi sulle relazioni tra i personaggi.

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